Jung e Pauli: L’inconscio e la fisica quantistica

Vi racconto in estrema sintesi l’affascinante storia del rapporto tra Pauli e Jung. Questi due grandi personaggi sono rispettivamente:
Wolfgang Pauli (1900-1958), premio Nobel per la fisica nel 1945 per il suo “principio di esclusione”.download
Fisico teorico, nel 1930 Pauli ipotizzò l’esistenza del neutrino, ipotesi che negli anni seguenti Enrico Fermi (Nobel 1938 per la Fisica) elaborò ulteriormente.
I neutrini sono particelle elementari prive di carica elettrica e con una massa estremamente piccola, che non si è ancora riusciti a misurare. Queste particelle interagiscono molto raramente con la materia, infatti possono attraversare indisturbate persino interi pianeti. Il loro studio dà importanti informazioni in molti campi della fisica, dalla struttura della materia alla cosmologia, e promette di rivoluzionare l’attuale paradigma scientifico.
Carl Gustav Jung (1875-1961), psichiatra, psicoanalista e antropologo svizzero che contribuì all’esplorazione dell’inconscio e all’affermazione della psicoanalisi.download (1)
Jung fu una persona di grande cultura: studiò a fondo i temi mitologici, letterari e religiosi di tutti i tempi e di tutti i paesi e viaggiò molto: a partire dal 1920 visitò Africa, India e Nord America. Durante il suo peregrinare entrò in contatto con numerose popolazioni di cui studia miti, rituali, usi e costumi.
Oltre all’inconscio personale del singolo individuo, Jung ipotizzò anche un inconscio collettivo comune agli uomini di tutti i tempi. I contenuti di questo inconscio collettivo, nel corso dei secoli si sarebbero espressi in immagini, miti e credenze religiose che egli ritrova, in modo identico, nelle culture di popoli di epoche e luoghi diversi.
Oltre ad essere uno dei più grandi studiosi dell’inconscio fu esso stesso mistico e veggente.
Nel testo autobiografico “Carl Gustav Jung – Ricordi, sogni, riflessioni”, pubblicato nel 2012 dalla BUR Rizzoli, viene riportato, oltre a tantissimi altri racconti di sogni e visioni (tra cui anche la premonizione della morte di sua moglie), il racconto di un suo sogno e la conseguente riflessione che ebbe durante gli anni di università.
Ecco il suo breve racconto:
Erano passate sei settimane dalla morte di mio padre, quando mi apparve in sogno. Si presentava all’improvviso dicendo che tornava dalle vacanze: si era rimesso, e stava venendo a casa. Pensavo che si sarebbe seccato che gli avessi occupato la stanza, ma non ne parlavo! Tuttavia provavo vergogna di aver immaginato che fosse morto. Due giorni dopo il sogno si ripeté: mio padre era guarito e ritornava a casa, e di nuovo io mi rimproveravo di aver pensato che fosse morto. In seguito mi chiesi sovente: «Che vorrà dire questa apparizione di mio padre in sogno, con un aspetto così reale?».
Si trattò d’una esperienza indimenticabile che mi costrinse, per la prima volta in vita mia, a pensare alla vita dopo la morte.”
Nel capitolo “La vita oltre la morte” del succitato libro, scrive: “Sebbene non vi sia alcun modo di dar prove sicure della sopravvivenza dell’anima dopo la morte, ci sono tuttavia esperienze che danno da pensare. Le considero soltanto indizi, senza avere affatto la pretesa di attribuir loro valore di conoscenze assolute”.
Ciò che mi ha colpito è l’incredibile analogia con i miei sogni e le mie riflessioni che diedero l’input al mio percorso spirituale. Credo che chiunque faccia esperienze simili giunga a tali riflessioni, perché colpiscono la nostra coscienza con tale profondità e potenza, da far crollare certe nostre convinzioni che prima di allora erano state per noi delle certezze assolute.
Ancora dal succitato libro C. G. Jung: «Il sogno è la piccola porta occulta che conduce alla parte più nascosta e intima dell’anima, aperta sull’originaria notte cosmica che era anima assai prima che esistesse una coscienza dell’io, e che sopravvivrà come anima a tutti i prodotti della coscienza dell’io, giacché ogni coscienza dell’io è isolata e conosce il singolo in quanto divide e separa e vede solo ciò che ha rapporto con questo io… Ogni coscienza divide: ma col sogno noi penetriamo nell’uomo più profondo, universale, vero ed eterno, ancora immerso in quella oscurità della notte primitiva in cui egli era il tutto e tutto era in lui, nella natura priva di ogni differenziazione e di ogni “essere io”. mente e materiaDa una tale profondità, collegante il tutto, nasce il sogno, …»
Nel 1944 pubblicò “Psicologia e alchimia”, e in quello stesso anno ebbe un incidente, una frattura e un successivo infarto.
In coma visse un’esperienza di pre-morte, un’esperienza extra-corporea e una visione di un luogo luminoso, che descrisse nel suo testo autobiografico sopra menzionato: “Ricordi, sogni e riflessioni”:
«Quel che viene dopo la morte è qualcosa di uno splendore talmente indicibile, che la nostra immaginazione e la nostra sensibilità non potrebbero concepire nemmeno approssimativamente…Prima o poi, i morti diventeranno un tutt’uno con noi; ma , nella realtà attuale, sappiamo poco o nulla di quel modo d’essere. Cosa sapremo di questa terra, dopo la morte? La dissoluzione della nostra forma temporanea nell’eternità non comporta una perdita di significato: piuttosto, ci sentiremo tutti membri di un unico corpo.»

Ma veniamo al concetto di sincronicità coniato da Jung.
Si tratta di un principio per cui un certo accadimento psichico trova una corrispondenza in qualche evento esterno non psichico; pur non esistendo una relazione causa-effetto tra l’uno e l’altro, risultano essere uniti dall’esistenza di una corrispondenza di significato.
Tali fenomeni sincronistici avvengono, per esempio, quando vicende interne (sogni, visioni, presentimenti) trovano corrispondenza nella realtà esterna. Né l’una né l’altra manifestazione può essere spiegata con la casualità. Sembrano piuttosto essere legate a processi archetipici nell’inconscio.
Cosa spinge Pauli e Jung ad avvicinarsi e a dialogare, confrontando idee appartenenti a rami del sapere tanto diversi?
“È stata la concordanza di senso di idee che si sono presentate in rami diversi del sapere quasi simultaneamente, la loro sensibile coincidenza, che mi ha indotto a uscire fuori dalla mia stretta specializzazione” scriverà Pauli molti anni dopo.
In effetti, grazie al continuo confronto di idee che avvenne tra Pauli e Jung nell’arco di quasi un ventennio, i percorsi della fisica quantistica e della psicoanalisi sembrano intrecciarsi in più punti.
I concetti junghiani di archetipo, alchimia, simbolo, inconscio collettivo e sincronicità, apparentemente astratti, diventano per Pauli terreno fertile dove maturare le intuizioni sui quanti e sul principio di esclusione, la teoria che gli è valso il Nobel nel 1945.
Il principio junghiano di sincronicità nella versione quantistica di Pauli è affascinante.
Il geniale fisico è riuscito a rendere questo concetto apparentemente astratto in qualche cosa di perfettamente dimostrabile, tramite la fisica quantistica e il suo principio di esclusione.
Questo principio, formulato nel 1925, sostiene che due elettroni non possono trovarsi in un medesimo stato di moto. Sintetizzando e semplificando al massimo, succede che se al nucleo si aggiungono altri elettroni, secondo il principio di esclusione essi occuperanno stati unici e successivi andando a formare così altri atomi. Anche se non è connessa da alcuna forza fisica, ogni particella appartenente ad uno spazio fisico si comporta in modo coordinato e sincronizzato con le altre particelle, manifestando correlazioni pur in assenza di qualsiasi forza dinamica che ne sia responsabile e le spieghi. Questo dimostra scientificamente come nulla sia casuale ma che tutto attorno a noi sia sempre significativamente connesso, anche se da fili invisibili. E questa è l’analogia con la sincronicità di Jung: si tratta di un concetto psicologico estremamente concreto ma sprovvisto di un linguaggio fenomenico adeguato per essere spiegato, perché ha a che fare con un simbolismo sfuggente.
Il sogno di Jung e Pauli di far incontrare psiche e materia, forse, in futuro diventerà realtà.

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