I MIRACOLI, FENOMENI SOPRANNATURALI O NATURALI?

I MIRACOLI, FENOMENI SOPRANNATURALI O NATURALI?

“Oggi è ancora sostenibile l’idea che ciò che si ritiene miracoloso in una certa epoca non lo è più in quella successiva?”.

Cari lettori,
in questo articolo affronto un tema misterioso, affascinante e molto dibattuto, traendo spunto dalla mia esperienza mistica: i miracoli.
Com’è noto, nel corso dei secoli i miracoli sono stati oggetto di critica sia da parte del pensiero filosofico, che di quello scientifico.
Qui, oltre ad esporre il pensiero di filosofi e scienziati razionalisti, espongo il pensiero di uomini di scienza credenti, tra cui Blais Pascal che, oltre ad essere scienziato e filosofo, ha avuto un’esperienza mistica attraverso la quale ha conosciuto il Dio personale della Bibbia, Padre di Gesù Cristo, l’amorevole Padre che ho avuto la gioia di conoscere anch’io.

Secondo la Sacra Scrittura il miracolo è una manifestazione di Dio, un segno della Sua presenza, e il più grande “miracolo”, l’opera suprema dell’amore di Dio per noi, è la venuta stessa di Gesù sulla Terra, ossia l’Incarnazione di Dio
Tutta la vita di Cristo, dal Suo concepimento alla Resurrezione ed Ascensione testimoniano la Sua Divinità in maniera inconfutabile.
I Vangeli attestano che Gesù compì numerosi miracoli. Perfino i Suoi nemici che, negando la Sua divinità, lo accusarono di agire per mezzo dei demoni, non negarono i Suoi miracoli: “Non ti lapidiamo per un’opera eccellente, ma per bestemmia, perché tu, benché sia un uomo, fai di te stesso un dio”. (Gv 10:33).
I miracoli compiuti da Gesù non mirano a sorprendere l’uomo provocando la sua ammirazione e soddisfare la sua curiosità e i suoi desideri alla ricerca di qualcosa di magico fine a se stesso, ma vengono compiuti con la finalità dichiarata che i presenti credano nella Sua origine divina dal Padre e il loro scopo ultimo resta la conversione dei cuori non la gloria umana di Gesù.
Gesù stesso ha detto: «credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me; se non altro, credetelo per le opere stesse» (Gv 14,11).
Ma quando il miracolo è richiesto, o addirittura preteso, per credere, “Quale segno fai, perché possiamo crederti?” (Giovanni 6, 30), Gesù se ne rattrista e non asseconda le folle: “Se non vedete segni e prodigi non credete”, diceva con tristezza Gesù ai suoi ascoltatori. (Giovanni 4,48).
L’essenziale per Gesù, dunque, è la salvezza eterna dell’uomo, la guarigione spirituale, l’essenziale è la fede in Lui.
Il miracolo è un “segno di Cristo”, che rivela il suo mandato messianico. Ciò si evince molto chiaramente dalla domanda che i discepoli di Giovanni Battista rivolgono a Gesù: “Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: sei tu colui che viene o dobbiamo aspettare un altro?”.
In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: “Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi vengono sanati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunziata la buona novella. E beato è chiunque non sarà scandalizzato di me!”» (Lc 7,20-23).

Il miracolo della Resurrezione è la prova suprema della divinità di Gesù.
Ma perfino i Suoi discepoli in principio hanno nutrito forti dubbi sulla piena realtà del corpo del Maestro risorto. Nessuno di loro, infatti, compresi Pietro, Giacomo e Giovanni che avevano avuto il privilegio di assistere alla Sua Trasfigurazione, si aspettava di vedere Gesù risorto dalla tomba, e quando lo videro, sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma.
Ma Gesù dissipa ogni dubbio: “Perché siete turbati? E perché nei vostri cuori sorgono dei dubbi? Guardate le mie mani e i miei piedi! Sono proprio io! Toccatemi e guardate, perché uno spirito non ha carne e ossa, come vedete che ho io” (LC 24,38-39).
E prima di ascendere in cielo disse loro: «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura. E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno lingue nuove». Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro e confermava la parola con i prodigi che l’accompagnavano. (Marco 16:15-20).
Lo scopo dei segni e dei miracoli compiuti da Gesù e dagli Apostoli, dunque, è chiaramente indicato nei Vangeli: «confermare la Parola».

Per Tommaso d’Aquino, filosofo e teologo (1226-1274): «L’arte di Dio non si manifesta in modo esaustivo nella creazione; dunque Dio in forza di essa può fare qualcosa in modo diverso da quello del corso della natura. Non si può allora concludere che agisce contro la sua arte se opera contro il corso della natura: infatti anche un artigiano può realizzare un’altra opera con la sua arte in modo diverso da come ha fatto in precedenza» (De Potentia, q. 6, a. 1, ad 12um).
«La parola miracolo deriva da meraviglia. E la meraviglia sorge dinanzi a effetti evidenti le cui cause rimangono occulte: così capita di meravigliarsi a chi vede un’eclisse di sole e ne ignora la causa, come fa osservare Aristotele [cfr. Metafisica, I, 2]. Può darsi però che la causa di un fatto sia nota a qualcuno pur rimanendo occulta ad altri. Allora il fatto può riuscire meraviglioso per alcuni, ma non per tutti: come di un’eclisse di sole resta meravigliato l’ignorante, ma non l’astronomo. Il miracolo, invece, è un fatto totalmente meraviglioso, poiché ha una causa veramente occulta per tutti. E tale causa è Dio. Le opere compiute da Dio fuori dell’ordine delle cause da noi conosciute vengono dette miracoli» (Summa theologiae, I, q. 105, a. 7).

Il PENSIERO FILOSOFICO E SCIENTIFICO

Con l’avvento del pensiero moderno, la questione dei miracoli viene liquidata definitivamente.
Ecco quanto sostiene nel suo Trattato teologico-politico il filosofo olandese Baruch Spinoza (1632-1677):
«Il volgo, pertanto, chiama miracoli e opere di Dio gli eventi straordinari della Natura; e, parte per zelo religioso, parte per smania di osteggiare coloro che coltivano la scienza della Natura, desidera di ignorare le cause naturali delle cose e si mostra voglioso di ascoltare soltanto ciò che gli è del tutto oscuro e che di conseguenza suscita la sua massima ammirazione. […]
In più di un luogo la Scrittura dice che la natura osserva un ordine fermo e immutabile: […] qualunque cosa Dio faccia, essa permarrà in eterno e che nulla può esserle né aggiunto né sottratto.  Ciò fa capire in modo inequivocabile che la Natura mantiene un ordine stabile e non passibile di mutamenti, che Dio persistette identico in tutte le ere a noi note e ignote, che le leggi della Natura sono tanto perfette e feconde che nulla può essere loro aggiunto o da esse eliminato, e finalmente che i miracoli sembrano essere qualcosa di nuovo e di straordinario soltanto a causa dell’ignoranza degli uomini

Spinoza è il tipico esempio di intellettuale che pecca di vanagloria e di superbia. Nel suo pensiero c’è la radicata convinzione che egli sia il detentore della verità assoluta e, per elevarsi sopra tutti, ha la necessità di offendere l’intelligenza delle persone comuni del tanto disprezzato volgo.
Per lui i miracoli sono impossibili, quindi sono tutti falsi, ed hanno origine dall’ignoranza e dalla superstizione degli uomini o, peggio, dalla frode.
Per il razionalismo ed il panteismo spinoziano i miracoli narrati nella Bibbia sono semplici allegorie volte “ad impressionare e a dominare la fantasia e l’immaginazione degli uomini”, o fenomeni naturali che debbono essere spiegati in modo tale che essi non appaiano né “nuovi” né in contraddizione con la natura, perché per il filosofo olandese Dio e la natura non sono due sostanze separate, ma la stessa sostanza, quindi è impossibile che esista qualcosa al di sopra o al di fuori di essa.
Spinoza proclama la libertà di pensiero, e questo è condivisibile. Ma dietro questa apparente tolleranza, in materia religiosa Spinoza è il paladino della più rigida intolleranza: l’unica forma di religione seria e accettabile è quella che sopravvive al vaglio della (sua) ragione. Solo la sua idea di Dio è ragionevole e, pertanto, vera: Dio è la natura stessa.
Il suo razionalismo lo porta a credere che la ragione sia l’unico strumento che permette all’uomo di giungere alla conoscenza e di comprendere pienamente il significato della realtà.
Egli afferma che nella rivelazione biblica non è contenuto nulla di soprannaturale e al fine di dimostrare che molti dei miracoli narrati dall’A.T. possono essere spiegati come fenomeni naturali, Spinoza propone una serie di passi tratti dall’A.T., come ad esempio le piaghe d’Egitto, il passaggio del Mar Rosso, ecc.
Secondo Spinoza il miracolo della divisione delle acque del mar Rosso che lasciando passare il popolo Ebraico sommergono il faraone ed il suo esercito, fu un evento causato da un vento impetuoso.

Ecco come viene narrato il passaggio del mar Rosso nella Bibbia:
Allora Mosè stese la mano sul mare. E il Signore, durante tutta la notte, risospinse il mare con un forte vento d’oriente, rendendolo asciutto; le acque si divisero. Gli Israeliti entrarono nel mare asciutto, mentre le acque erano per loro una muraglia a destra e a sinistra. (Esodo 14:21,22).

Ed ecco la conclusione a cui sono giunti nel 2010 i ricercatori dell’Università del Colorado e del National Centre for Atmospheric Research, diretti da Carl Drews, utilizzando una simulazione computerizzata per ricostruire i venti e i moti ondosi che (secondo loro) avrebbero dato origine alla divisione delle acque:
I risultati della simulazione coincidono quasi perfettamente con il racconto dell’Esodo, ma il luogo dell’evento potrebbe non essere il Mar Rosso ma un luogo situato più a nord sul delta del Nilo, nei pressi del Mediterraneo: il lago Manzala”.
Carl Drews prosegue ancora sostenendo: “Un forte vento proveniente da est levatosi durante la notte potrebbe aver spinto indietro le acque di una laguna per un tempo sufficiente a permettere il passaggio del popolo di Mosè, per poi richiudersi sopra la cavalleria del Faraone”.

Con questa nuova ipotesi, Carl Drews esclude che si sia trattato di un uragano, come alcuni ricercatori avevano affermato qualche anno prima, perché in quelle condizioni atmosferiche, nemmeno Mosè e il suo popolo sarebbero riusciti a scampare.

Non bisogna certo essere scienziati per escludere l’ipotesi assurda come quella dell’uragano, basta ragionare con un po’ di logica.
E l’ipotesi avanzata da Drews su quali solidi fondamenti si basa?
Da ciò che si evince chiaramente nella sua dichiarazione succitata pare proprio che anche la sua ipotesi sia privo di fondamenti solidi. In un articolo pubblicato sul Public Library of Science, d’altronde, lui stesso ha sottolineato come tutto derivi da una scorretta traduzione del passo della Bibbia relativo all’episodio.
È sempre la solita storia. Come l’ipotesi dell’uragano, anche questa ipotesi risulta essere insostenibile, perché come tante altre ipotesi finora formulate dagli scienziati (vedi anche le ipotesi sulla stella di Betlemme), si fonda su delle semplici supposizioni.
Quando certa scienza si ritrova nell’impossibilità di riprodurre in laboratorio un evento esattamente come narrato nella Sacra Scrittura, attua una ricostruzione tendenziosa del passo della Bibbia per avvalorare l’ipotesi formulata.
Questo non è la modalità con cui la vera scienza dovrebbe procedere per raggiungere una conoscenza della realtà oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile.

Sulla questione dei miracoli espresse il suo pensiero anche Voltaire (1694-1778), scrittore e filosofo, nonché uno dei principali esponenti dell’Illuminismo francese.
Nel suo Dizionario Filosofico afferma che: «Un miracolo è la violazione delle leggi matematiche, divine, immutabili, eterne. Per questa sola definizione, un miracolo è una contraddizione in termini. Una legge non può essere nello stesso tempo immutabile e violata. Della materia, vi ha provveduto fin da principio; e perciò non vi apporterà mai alcun mutamento. […]
Inoltre, Dio non può far nulla senza ragione: ora, quale ragione lo indurrebbe a sfigurare per qualche tempo la propria opera? […]
Perché Dio farebbe un miracolo? Per rendere perfetto un certo disegno su alcuni esseri viventi! […]
Sarebbe una confessione della sua debolezza, e non della sua potenza. Sarebbe in lui, mi pare, la più inconcepibile contraddizione. Così dunque, osare attribuire a Dio dei miracoli è veramente insultarlo (se mai gli uomini possono insultare Dio); è come dirgli: «Sei un essere debole e incoerente.» È dunque assurdo credere ai miracoli, è disonorare in qualche modo la Divinità.»

Secondo Voltaire il miracolo come violazione delle leggi fisiche e matematiche è la più inconcepibile contraddizione, perché una legge non può essere al tempo stesso immutabile e violata. Dio, infinitamente saggio, non potrebbe stabilire delle leggi per poi infrangerle, perché eventuali imperfezioni della sua opera Dio le avrebbe corrette fin dall’inizio.
Il Dio di Voltaire non è il Dio rivelato, ma non è neanche il dio immanente spinoziano per cui la natura e la divinità sono la stessa sostanza. Voltaire crede nell’esistenza di un Essere Supremo come a una sorta di Grande Architetto dell’Universo, un orologiaio autore di una macchina perfetta che funziona con le leggi da Lui stabilite, ma è distaccato e totalmente disinteressato alle questioni umane e terrene.
Pertanto la presenza di un divino mediatore tra Dio e l’uomo non è necessario. Voltaire, infatti, nega la divinità di Cristo. Egli concepisce Gesù come uomo virtuoso e retto, degno di paragone con i più grandi uomini dell’umanità e pertanto meritevole di essere preso a modello, ma nega che Gesù sia Dio.

Egli afferma che “osare attribuire a Dio dei miracoli è veramente insultarlo …è come dirgli: «Sei un essere debole e incoerente.» È dunque assurdo credere ai miracoli, è disonorare in qualche modo la Divinità”.
Ma siamo davvero sicuri che a insultare e disonorare Dio non siano, invece, i grandi pensatori come lui che con la loro illimitata superbia vorrebbero limitare la potenza di Dio restringendola all’ordine naturale delle cose, quasi che Dio fosse obbligato a non oltrepassare le leggi della natura che Lui stesso ha stabilite?
Solo uomini dotati di un ego smisurato come Voltaire, che negano la divinità di Cristo e divinizzano l’io, possono giungere alla conoscenza di verità inappellabili come queste.
L’onniscienza che prima veniva ritenuto un attributo di Dio, ormai è divenuto un attributo dell’uomo divinizzato, e, grazie ad essa, l’uomo, penetrando nella mente di Dio, conosce la Sua volontà.

Per entrambi i filosofi su citati “un miracolo è la violazione delle leggi matematiche, divine, immutabili, eterne
Ma, per poter stabilire con assoluta certezza se un determinato evento sia di carattere miracoloso e violi le legge della natura, però, si dovrebbe conoscere tutte le leggi. Ma l’uomo possiede questa conoscenza?

A rispondere a questo interrogativo ci ha pensato Jean-Jacques Rousseau (1712–1778), filosofo e scrittore svizzero ed uno dei massimi esponenti dell’illuminismo, il quale non esclude che Dio possa sospendere le leggi della natura con il miracolo, ma è impossibile stabilire con assoluta certezza che un determinato evento sia di carattere miracoloso, perché essendo un’eccezione alle leggi della natura, per valutarne l’autenticità con la massima certezza è necessario conoscere tutte le leggi della natura.
E quale mortale conosce tutte le leggi della natura? Si domanda Rousseau. Lo stesso Newton non pretendeva tanto.
«Le scoperte incessanti di nuove leggi della natura, quelle che probabilmente si faranno ancora, quelle che rimarranno sempre da fare; i progressi passati, presenti e futuri dell’operosità umana; i diversi limiti che i popoli assegnano all’ordine del possibile a seconda che essi siano più o meno illuminati; tutto ci dimostra che non possiamo conoscere tali limiti».

Il filosofo ginevrino argomenta facendo alcuni esempi, tra cui l’arte medica. Un intervento che ieri sembrava impossibile, scrive Rousseau, come quello di togliere le cataratte, oggi i chirurghi lo risolvono con facilità. Così ciò che si ritiene miracoloso in una certa epoca non lo è più in quella successiva.

Ma oggi è ancora sostenibile l’idea che ciò che si ritiene miracoloso in una certa epoca non lo è più in quella successiva?
Se così fosse, dato che sono già trascorsi 2000 anni dai miracoli narrati nei Vangeli e alcune migliaia dall’A. Testamento, e dato l’enorme sviluppo della scienza nel XX secolo, gran parte di questi miracoli dovrebbe essere già stata spiegata scientificamente. Ma, come sopra dimostrato, le ipotesi avanzate dai ricercatori non spiegano scientificamente i miracoli biblici a meno che non si effettui una tendenziosa ricostruzione del passo della Bibbia che avvalori le ipotesi formulate. Non solo!
Nel corso dei secoli, agli innumerevoli eventi prodigiosi biblici si sono aggiunti tanti altri miracoli di mistici e Santi, per cui la lista dei fenomeni soprannaturali si è allungata ulteriormente.

Per il filosofo i miracoli descritti nella Bibbia, oltre al fatto che non servono a nulla e non costituiscono prove della fede, non sono i segni di un intervento divino ma la testimonianza di una mentalità prescientifica.
Se i sacerdoti di Baal avessero avuto il signor Rouelle (chimico e artificiere, membro dell’Accademia Reale delle Scienze) in mezzo a loro, le loro pire avrebbero preso fuoco da sé, e Elia si sarebbe fatto abbindolare”. (Seconda Lettera dalla montagna).

Per Rousseau i miracoli non solo non rappresentano una prova del carattere divino del Vangelo, ma sono addirittura un ostacolo alla diffusione e all’accettazione della dottrina cristiana: “Levate i miracoli dal Vangelo e tutta la terra sarà ai piedi di Gesù Cristo” (seconda Lettera dalla montagna).
Il cristianesimo di Rousseau, insomma, va spogliato da tutto ciò che è soprannaturale perché, secondo lui, non è affatto necessario.
Alleluia! Verrebbe da cantare. Rousseau ha trovato il modo di far accettare Gesù a tutti gli uomini della Terra.
Ma, ahimè, c’è poco da gioire. Cristo voleva essere riconosciuto dagli uomini come il Messia, e la Sua missione era convertire i loro cuori e dar loro la speranza della vita e della felicità eterne, pertanto una folla osannante di miscredenti e superbi come Rousseau avrebbe solo fatto rattristare e soffrire profondamente Gesù.

Anche Rousseau nutre una profonda ammirazione per Gesù; ritiene che sia l’uomo più straordinario che sia vissuto sulla terra, ma non è il Figlio di Dio.
Ed ecco cosa scrive riguardo ai miracoli compiuti da Gesù nella sua lettera all’ateo (pag. 257): “…secondo me Gesù Cristo, lontano dal far miracoli, ha dichiarato positivamente che non ne farebbe nessuno, ed ha mostrato un assai grande disprezzo per quelli che ne domandavano”.
Questa asserzione ed altre dimostrano con estrema chiarezza come il filosofo giochi d’astuzia omettendo importantissimi passi della Bibbia che dimostrano esattamente l’opposto.
Alla divinità di Gesù ed ai miracoli da Lui compiuti ognuno è libero di crederci o di negarli. Ma ricorrere ad astuzie del genere per avvalorare le proprie tesi e i propri convincimenti, è ignobile. Neanche i nemici più acerrimi contemporanei di Gesù osavano negare i Suoi miracoli.

Gesù giudica malvagi e stolti coloro che Lo seguono solo per curiosità, esclusivamente in attesa di segni prodigiosi, rimanendo invece sordi ai Suoi insegnamenti, come gli scribi e i farisei che, malgrado avessero assistito a numerosi miracoli, continuavano a non sentire e non vedere e a negare che Lui fosse il Figlio di Dio.
Ma Gesù non disse assolutamente che non avrebbe fatto nessun miracolo, ma, al contrario, disse che ne avrebbe fatto uno ancora più straordinario, come quello di Giona:
Così reagì Gesù: “… questa gente malvagia ed infedele a Dio vuole vedere un segno miracoloso! Ma non riceverà nessun segno, eccetto il segno del Profeta Giona. “Come Giona rimase nel ventre del grande pesce tre giorni e tre notti, così il figlio dell’uomo rimarrà sepolto nella terra tre giorni e tre notti…” (Matteo 12: 39-40)
Attraverso il segno di Giona, Gesù profetizza la Sua morte e la Resurrezione, miracolo che, come accennato a inizio pagina, è la prova suprema della divinità di Cristo.

Rousseau, inoltre, afferma che per stessa ammissione del Maestro, dal miracolo al miraggio la strada è molto breve. E a tal proposito cita il passo della Bibbia (Matteo 24-25) in cui Cristo prevede che sorgeranno falsi cristi e falsi profeti e faranno grandi portenti e miracoli, così da indurre in errore, se possibile, anche gli eletti.
Ancora una volta, Rousseau, ricorre all’astuzia e cita solo i passi della Bibbia che avvalorano i propri convincimenti.
Certo che Gesù mette in guardia gli uomini dai falsi profeti, ma non ha mai detto di non credere a Lui come Figlio di Dio e ai Suoi miracoli.

Così, mentre per Tommaso d’Aquino la ragione ha la capacità di ascendere dalla realtà sensibile alla realtà più elevata, fino all’esistenza di Dio che, compiendo i miracoli, dimostra la Sua onnipotenza e trascendenza, per questi signori ancora oggi ritenuti “giganti del pensiero”, l’uso rigoroso della ragione porta ad una conclusione esattamente opposta. Tronfi della loro presunta superiorità spogliano La Sacra Scrittura da qualunque carattere sacro e sostituiscono la fede nel Dio rivelato con un’incrollabile fede nella scienza e nell’inarrestabile progresso dell’umanità!

Ma l’idea che il progresso scientifico avrebbe fatto scomparire la credenza nei miracoli, oggi è ancora sostenibile?

Ormai è trascorso qualche secolo dai tempi in cui vissero Spinoza, Voltaire e Rousseau. In questo arco temporale la scienza ha compiuto passi da gigante e nei primi decenni del ‘900 è avvenuto un mutamento di paradigma con la fisica quantistica che ha rivoluzionato la fisica classica e la nostra stessa idea di realtà.
L’Universo come lo conosciamo oggi non è né eterno né immutabile. Oggi conosciamo anche la sua età che è di 13.7 miliardi di anni, e che nell’istante in cui è nato era così piccolo da essere concentrato in un solo punto, detto “singolarità”, ipotesi formulata per la prima volta nel 1927 dall’astronomo e sacerdote belga Georges Lemaître (1894-1966), il primo ad intuire l’espansione delle galassie (due anni prima delle osservazioni di Hubble) e a teorizzare quello che poi venne definito Big Bang nel 1931.
Sappiamo che questa “singolarità” o “atomo primordiale” come è stata chiamata da Lemaître, conteneva tutta la materia, l’energia e lo spazio che compongono l’Universo.
Ma di cosa sia composto il cosmo ancora ci è oscuro.
La materia ordinaria che tutti noi conosciamo, quella di cui sono composte le galassie (Terra, pianeti, stelle) e noi stessi, infatti, costituisce soltanto una percentuale irrisoria del cosmo (circa il 4%), mentre il restante 96% dell’universo è sconosciuto.
Di questa restante parte, circa il 22% è costituita da una forma di materia chiamata “materia oscura” perché non visibile e tuttora sconosciuta, mentre il restante 74% del cosmo è costituito da una forma misteriosa di energia chiamataenergia oscurache pervade ogni punto dello spazio e la cui esistenza viene supposta per spiegare l’attuale accelerazione dell’espansione dell’Universo.

Lungi, dunque, dall’aver svelato i misteri della natura, la ricerca scientifica più avanzata ci rivela che ancora oggi, nel 20° anno del XXI secolo, la nostra visione del cosmo è parziale e frammentaria, perché più lo sguardo dell’uomo di scienza penetra nella profondità degli abissi dell’infinitamente piccolo o si spinge lontano negli immensi spazi siderali, più il mistero s’infittisce.
E se per i filosofi del XVII e XVIII secolo aveva senso affermare che la credenza nei miracoli sarebbe scomparsa con il progresso scientifico perché la scienza moderna nell’epoca in cui essi vissero era agli albori, nel XX secolo, secolo in cui la scienza ha compiuto passi da gigante, sostenere ancora questa tesi sarebbe un’assurdità.
Lo sviluppo tecnico-scientifico del ‘900, infatti, non ha affatto fatto scomparire la credenza nei miracoli. Ma, invece di porsi interrogativi sul perché tale credenza continui a persistere malgrado la scienza abbia raggiunto un notevolissimo sviluppo, ci si limita a dire che tali credenze sono incompatibili con la scienza.

La coesistenza tra scienza e credenza nei miracoli sembra turbare profondamente anche il teologo protestante tedesco Rudolf Bultmann (1884-1976), il quale non solo priva Gesù del Suo Essere Divino, ma arriva pure a metterne in dubbio l’esistenza storica, affermando che di Gesù Cristo non si hanno documenti storici attendibili.
Egli, attraverso il processo di demitizzazione, ha cercato di rendere il cristianesimo più attuale e accettabile sfrondandolo da tutti quegli elementi mitologici, ossia da tutto ciò che a suo giudizio è frutto della mentalità mitica degli autori del A. e del N. Testamento.
Ma il “teologo della demitizzazione”, non potendo sostenere che questa mentalità primitiva sarebbe scomparsa con il progresso della scienza, si limita a fornirci un’istantanea della realtà da lui osservata in cui sviluppo scientifico e credenza nei miracoli coesistono e, a quanto pare, tale coesistenza lo urta parecchio.
Ecco, infatti, una famosa frase del teologo più volte riportata in letteratura:
«Non ci si può servire della luce elettrica e della radio, o far ricorso in caso di malattia ai moderni ritrovati medici e clinici, e nello stesso tempo credere al mondo degli spiriti e dei miracoli propostoci dal Nuovo Testamento». (Nuovo Testamento e mitologia, a cura di H.W. Bartsch, Brescia 1973, p. 110).

Ma l’ironia della storia vuole che, mentre Bultmann sostiene che non si può fare uso della luce elettrica, della radio e della medicina moderna e nello stesso tempo credere all’esistenza di una dimensione soprannaturale, lo stesso scienziato che ha inventato la radio affermi l’opposto, ossia che attraverso la scienza “l’umanità si sforza di trovare la sua strada verso Dio”. E da scienziato orgogliosamente cristiano paragonava il dispositivo senza fili da lui inventato allo spirito umano che nella preghiera è in grado di inviare onde invisibili che raggiungono Dio.
Ecco, infatti, come si espresse Guglielmo Marconi, premio Nobel per la fisica nel 1909, in un discorso che rappresenta uno smacco enorme per Bultmann:
«Ad ogni passo che la scienza fa, ci porta sempre nuove sorprese e risultati. Eppure la scienza è come una luce fioca di una lanterna tremolante in una foresta profonda, attraverso la quale l’umanità si sforza di trovare la sua strada verso Dio. E’ solo la fede che può portare alla luce e servire come un ponte tra l’uomo e l’Assoluto […]. Sono orgoglioso di essere cristiano. Credo non solo come cristiano, ma anche come scienziato. Come un dispositivo senza fili, nella preghiera lo spirito umano è in grado di inviare onde invisibili per l’eternità, onde che raggiungono il loro obiettivo di fronte a Dio». (G. Marconi, “Discorso al primo congresso della Radio Industria italiana”, Bologna 5/5/1934.

IL MODERNISMO NELLA CHIESA CATTOLICA

La demitizzazione, purtroppo, travalicando i confini del protestantesimo, ha fatto breccia anche nella Chiesa Cattolica. Molti teologi moderni che si ritengono Cattolici, hanno fatto proprie, in modo più o meno sfumato, le tesi del razionalismo. Anch’essi, sul solco tracciato dai vecchi filosofi, disturbati da qualunque elemento che rimandi al soprannaturale, privano Gesù della Sua divinità.
Una conferma dell’esistenza della corrente “modernista” all’interno della Chiesa si ebbe nel 1978, quando venne pubblicato un documento (reperibile online), fino ad allora sconosciuto, dal titolo “Dal profondo: il testamento di fede di don Primo Vannutelli”, un sacerdote romano morto a Roma il 9 aprile 1945, presso i padri Filippini dell’Oratorio. Don Vannutelli, dopo essere stato modernista, rientrò nei ranghi prestando il prescritto giuramento anti modernistico. Ecco, però, quale era la sua professione di fede nella nuova chiesa:
Attenti studi fatti per secoli, da uomini di più nazioni, di varia mente, e tra essi anche da figli tuoi, hanno mostrato che secondo gli Evangeli più antichi Gesù ignorò di essere il Logos di Dio, Dio con il Padre, stato prima del mondo. Questi titoli Gesù in quei racconti non si dà mai. Fu profeta grande, servo e figlio di Dio, inviato ad una grande opera, ma non fortunato come Mosè o Maometto, o Francesco d’Assisi. […] E se taluno che legge questi fogli mi domandasse: “Che resta allora al Cristianesimo se Gesù non è Dio?” gli rispondo già fin d’ora: Resta poco: Dio, l’anelito e la gioia dell’universo. Ma allora, che cosa distinguerà più il cristiano dall’israelita e dal maomettano? Ti contristeresti se nulla ci distinguesse davvero? Se, nell’amore del Padre fossimo tutti d’un labbro solo e d’un cuore? Se alle tante cause di discordia tra gli uomini, non s’aggiungesse quella che più dovrebbe essere d’amore? Se la verità, che è una, ci unisse? […] [La riforma per essere radicale] dovrebbe essere di riti, non di dogmi apertamente”.

Scientismo e materialismo sono penetrati a fondo anche nella mentalità di molti credenti.
Se, infatti, da una parte c’è chi ricerca il miracolo a tutti i costi pensando solo alla loro utilità immediata, al versante opposto ci sono quelli che sono profondamente disturbati da qualunque discorso sul soprannaturale e, per giustificare questo loro atteggiamento, sostengono che la Fede non ha bisogno di miracoli, altrimenti non sarebbe Fede.
Non c’è alcun dubbio che coloro che hanno una Fede granitica non hanno bisogno dei miracoli; tuttavia Gesù ne compì tantissimi, evidentemente perché essi possono essere d’aiuto nel suscitare la Fede a coloro che non ce l’hanno (come nel mio caso), oppure a rafforzare la Fede di chi già la possiede.
Il miracolo compiuto da Gesù nelle nozze di Cana, servì a suscitare la fede dei discepoli in Lui: “Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui” (Gv.2,11).

 Blaise Pascal, scienziato, filosofo e mistico.

Nella società contemporanea l’uomo ripone un’incondizionata fiducia nei confronti delle scienze, ed è opinione abbastanza diffusa che la comunità scientifica sia un blocco monolitico all’interno del quale tutti gli scienziati hanno posizioni univoche.
Ma questa è una falsa idea da sfatare perché in realtà la comunità scientifica, al pari di quella filosofica e teologica, è divisa su tante questioni, tra cui quella religiosa.
Al fine di sfatare questo luogo comune molto diffuso non si può non citare un illustre personaggio come Blaise Pascal (1623-1662), scienziato, fisico, matematico e filosofo che ha vissuto la gioia della scoperta del Dio di Gesù Cristo, come unico e sommo bene.
Nelle sue esplorazioni interiori alla ricerca del senso della Vita, egli ha compreso che la ragione ha dei limiti.
Sono celebri le sue frasi:
Conosciamo la verità non soltanto con la ragione, ma anche con il cuore”.
Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce”.
L’ultimo passo della ragione è il riconoscere che vi sono un’infinità di cose che la sorpassano. Essa è proprio debole, se non giunge fino a conoscere questo. Se le cose naturali la trascendono, che dire di quelle soprannaturali?”.

Nella notte tra il 23 e 24 novembre 1654, Pascal ha un’esperienza mistica che segnerà la sua definitiva conversione da lui definita “nuit de feu”, notte di fuoco, e sarà descritta nel “Memoriale”, un foglio che Pascal portava sempre cucito all’interno dei suoi abiti, ritrovato dopo la sua morte:
“Fuoco. Dio di Abramo Dio di Isacco Dio di Giacobbe non dei filosofi e dei dotti. Certezza. Certezza. Sentimento Gioia Pace Dio di Gesù Cristo Deum meum et Deum vostrum. Il tuo Dio sarà il mio Dio. Oblio del mondo e di tutto, tranne Dio. Egli non si trova se non nelle vie indicate nel Vangelo. Grandezza dell’anima umana. Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto. Gioia, gioia, gioia, lacrime di gioia. .

Proprio Pascal, dunque, filosofo e uomo di scienza, ci dice che Dio è «Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, non dei filosofi e dei dotti», «Dio di Gesù Cristo», il Dio vivente che risiede nel cuore di ogni uomo e con il quale è possibile avere un rapporto personale e diretto.
Dopo l’esperienza mistica la sua vita cambia, rinuncia ai piaceri e ai fasti della nobiltà a cui era abituato e si ritira frequentemente a Port-Royal-des-Champs dove trova pace e solitudine e per il resto della sua vita si dedica al sostegno dei poveri e dei malati.

LA MIA TESTIMONIANZA

Aldilà del fatto che si creda o meno alla mia testimonianza, ritengo che se scienziati, filosofi, teologi protestanti o cattolici “modernisti” hanno avuto, ed hanno, il diritto di dissertare su qualunque cosa basandosi sul mito della razionalità, ha maggior ragione tale diritto deve averlo una persona che si basa su un’esperienza mistica vissuta personalmente.
Io, contrariamente a Pascal, sono una persona semplice e, per dirla con Spinoza, faccio parte del tanto disprezzato volgo. Ma ciononostante, non sono mai stata una persona superstiziosa, tant’è che in gioventù sono stata atea proprio perché influenzata dal pensiero di quei filosofi che del razionalismo hanno fatto la loro bandiera, finché, fortunatamente, anch’io ho avuto la gioia di fare esperienza diretta di Dio.
Ma, poiché tale esperienza è costituita da una serie di incredibili eventi verificatesi in un arco temporale di circa 4 anni e, pertanto, mi dilungherei oltremodo a raccontarla, rimando coloro che desiderano conoscerla ai link che si trovano a piè pagina, mentre qui mi limiterò a dire che questa esperienza di primo acchito appare come una semplice successione di eventi a se stanti, ma, se osservata a posteriori, emerge una concatenazione così stretta tra gli eventi da escludere in modo categorico che tutto sia dovuto al caso.
Dall’osservazione della dinamica del succedersi di eventi fuori dall’ordinario e il crescendo di sacralità in essi contenuto, emerge chiaramente un preciso Disegno Divino il cui Autore è lo stesso Dio che ha conosciuto Pascal, il Dio onnipotente delle Sacre Scritture, creatore e legislatore del meraviglioso e immenso Universo, Padre di Gesù Cristo.
Ma a fugare ogni minino dubbio sulla veridicità degli eventi straordinari, è stato Dio stesso che, manifestandosi in un mistico sogno attraverso lo splendido volto di Gesù, ha posto il Suo sigillo su tutti gli straordinari eventi precedenti, tra cui un miracolo tra i più strepitosi che l’uomo possa mai immaginare di ricevere: ha creato dal nulla un Cielo stellato così infinitamente piccolo da farlo apparire nella mia stanza.

È proprio sulla base della mia personale e profondissima esperienza spirituale che mi permetto di esprimere le mie osservazioni sul tema dei miracoli.
Io sono intimamente persuasa che mentre l’uso della ragione ha condotto Tommaso d’Aquino sulla via della Verità, ha condotto filosofi e teologi “modernisti” sulla falsa via.
La mia esperienza diretta di Dio confuta le varie tesi filosofiche e teologiche di stampo materialista sopra menzionate dimostrando che:
1) il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe è un Dio personale onnipotente e trascendente. Egli ha creato dal nulla il meraviglioso ed immenso Universo, ma la creatura più preziosa e da Lui immensamente amata è l’uomo col quale comunica attraverso i segni e i sogni, proprio come narrano le Sacre Scritture.
2) I miracoli narrati nella Sacra Scrittura non sono né frutto della mentalità prescientifica degli autori della Sacra Scrittura, né dell’ignoranza e della superstizione degli uomini, ma sono manifestazioni dell’onnipotenza di Dio, quindi non spiegabili scientificamente come fenomeni naturali.
3) Che Gesù è vero Uomo e vero Dio, perché se Gesù fosse stato solo un uomo, per quanto virtuoso e degno di esser preso a modello, non si spiegherebbe come mai, dopo 2000 anni di storia, continuino a verificarsi miracoli a cui egli stesso pone il Suo sigillo convertendo il cuore degli uomini, compreso il mio.
4) Che Dio si manifesta agli uomini non solo attraverso segni esteriori, ma anche attraverso segni interiori come i sogni e, quindi, anch’essi rientrano nei fenomeni soprannaturali.
5) Che Voltaire sbaglia di grosso quando afferma che Dio, compiendo un miracolo, “sfigurerebbe per qualche tempo la propria opera”.
Compiendo il miracolo del cielo stellato in miniatura, Dio non ha sfigurato affatto la sua opera come afferma Voltaire, ha solo realizzato un’altra opera infinitamente più piccola e in modo diverso da come ha fatto in precedenza, proprio come sosteneva, giustamente, Tommaso d’Aquino.
6) Che l’apparizione della stella di Betlemme è un evento soprannaturale e non un reale fenomeno astronomico avvenuto in concomitanza della Natività come sostengono alcuni studiosi.
Le assurde tesi formulate al riguardo sono confutabili anche dalla mia esperienza, poiché in due distinte occasioni, le stelle mi hanno annunciato l’incontro con Gesù in sogno.
E se Dio può compiere un miracolo creando un piccolo Cielo stellato per donarlo a una Sua piccola creatura, allo stesso modo può creare dal nulla una Stella più piccola, o far discendere una Stella dal Cielo adattandola alla circostanza con la specifica funzione di annunciare la nascita di Gesù e guidare i Re Magi fino al luogo della Natività.
Questo modo di operare di Dio, inoltre, lo si riscontra anche nel miracolo che Egli compì nei confronti di San Benedetto, quando creò una piccolissima Terra e lo fece apparire davanti gli occhi del Santo mentre era raccolto in preghiera.

IL PENSIERO DI ALTRI SCIENZIATI

Per i filosofi materialisti è stato possibile, e lo è ancora, parlare di tutto senza la preoccupazione di dover produrre prove a sostegno di teorie e ipotesi confidando nel fatto che sarebbe stata la scienza ad assolvere tale compito.
Dal canto suo, la scienza, invece di ammettere la propria ignoranza riguardo all’essenza della natura, dà per scontato che un ordine soprannaturale non esiste, pertanto tenta di dare una spiegazione scientifica ai fenomeni prodigiosi narrati nella Bibbia, formulando delle ipotesi insostenibili, perché la scienza può descrivere i fenomeni di ordine naturale e formulare le leggi fisiche che li governano, non i fenomeni che travalicano l’ordine naturale.
Come abbiamo potuto constatare, però, all’interno della comunità scientifica non ci sono posizioni univoche, così come non ci sono posizioni univoche tra i filosofi.
Per sfatare la falsa idea che la comunità scientifica sia un blocco monolitico all’interno del quale tutti gli scienziati hanno posizioni univoche e sfatare il concetto che un rigoroso scienziato non debba anche essere un serio credente in un Dio trascendente, vale la pena citare altri illustri scienziati, tra cui fisici nel campo della fisica delle particelle, della cosmologia e della biologia che si sono dichiarati Cristiani.

Francis Collins (1950) genetista e biologo statunitense, noto per aver guidato il team di ricercatori che ha sequenziato il genoma umano, nel suo libro “Il linguaggio di Dio”, raccontando la sua conversione dall’ateismo al cristianesimo grazie alla ricerca scientifica, ha scritto:
«Ero sbalordito dall’eleganza del codice genetico umano. Mi resi conto di aver optato per una cecità volontaria e di essere caduto vittima di arroganza, avendo evitato di prendere seriamente in considerazione che Dio potesse rappresentare una possibilità reale» (F. Collins, “Il linguaggio di Dio”, Sperling & Kupfer 2007, pag. 20-22)
«Per me l’esperienza di sequenziamento del genoma umano, e la scoperta del più imponente di tutti i testi, è stato un sorprendente risultato scientifico e un’occasione di preghiera. Molti saranno sconcertati da questi sentimenti, partendo dal presupposto che un rigoroso scienziato non debba anche essere un serio credente in un Dio trascendente. Questo libro si propone di sfatare tale concetto, sostenendo che la fede in Dio può essere una scelta del tutto razionale, e che i principi della fede sono, infatti, complementare ai principi della scienza» (F. Collins, The Language of God: A Scientist Presents Evidence for Belief, Introduction, New York, Free Press, 2006)

Antonino Zichichi (Trapani 1929), fisico italiano di fama internazionale, professore (1965) di fisica superiore all’università di Bologna (emerito dal 2006). Impegnato nelle ricerche nel campo della fisica delle particelle elementari, ha lavorato nell’ambito della fisica subnucleare presso i laboratori Fermilab di Chicago e CERN di Ginevra, dove nel 1965 ha coordinato il gruppo di ricerca che ha scoperto un  nucleo di antimateria. E’ stato Presidente della Federazione mondiale degli scienziati, della Società Europea di Fisica, dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e ha ricevuto il “Premio Enrico Fermi”, dalla Società Italiana di Fisica nel 2001.
Credente cattolico è noto per l’opera di divulgazione scientifica e per sottolineare spesso l’assenza di contrasti tra fede e scienza.
Nel suo libro “Perché io credo in colui che ha fatto il mondo”, Marco Tropea Editore 2009, dichiara:
«Nessuna scoperta scientifica ha mai messo in dubbio l’esistenza di Dio. Nessun ateo può quindi illudersi di essere più logico e più scientifico di colui che ha fede. Chi sceglie l’ateismo fa quindi un atto di fede: nel nulla. Credere in Dio è più logico e più scientifico che credere nel nulla».
Il celebre fisico continua: «…Se non fosse per la fisica, io non riuscirei a convincere il mio amico ateo che esiste una logica che regge il mondo. Se c’è qualcosa che può mettere in crisi l’ateismo è l’esistenza di questa logica. Chi la nega, contraddice la scienza. [] Mentre se fossimo figli del caos allora avrebbero ragione i miei amici atei. Il messaggio della scienza è che c’è una logica, e se c’è allora ci deve essere anche un Autore. Coloro che negano l’esistenza dell’Autore sono in contraddizione logica. L’ateismo quindi è atto di fede nel nulla, non è un atto di ragione».
Ed ecco come lo scienziato si esprime in merito ai miracoli:
«Il miracolo è qualcosa alla cui spiegazione l’uomo non arriverà mai usando ragiona­menti logici. Se, infatti, fosse possibile comprendere il miracolo usando la logica, dovrebbe essere altrettanto facile arrivare alla comprensione del teorema di Dio. E visto che una verità scien­tifica si può sempre riprodurre, si dovrebbe riuscire anche a ri­produrre un miracolo. Ma il miracolo è opera divina, una ma­nifestazione diretta di una entità che è troppo grande per essere riproducibile dalle due più straordinarie conquiste del­l’intelletto umano, la Logica e la Scienza».
Il professor Zichichi nelle sue conferenze ricorda spesso che: «[…] Galilei scoprì la Scienza moderna per atto di fede: cercando nelle pietre le impronte del Creatore. Galilei chiamava così le leggi fondamentali della Natura: impronte del Creatore. Studiando le pietre avrebbe potuto trovare il Caos. E invece trovò le prime leggi fondamentali della Natura».

Concludo citando alcune frasi scritte da scienziati che si sono dichiarati credenti, tra cui il francese Louis Pasteur (1822-1895), il padre della microbiologia (branca della biologia che studia i microorganismi, batteri e virus), il quale ha espresso il suo dissenso nei confronti di coloro che dicono che Dio non esiste con le seguenti parole:
Quando più studio la natura, più mi rendo conto delle meravigliose opere del creatore e non capisco perché il filosofi insistono nel negare l’esistenza di Dio”.
“Poca scienza allontana da Dio, ma molta riconduce a Lui”.
Una frase che richiama alla mente altre frasi simili scritte da diversi scienziati, tra cui K.H. Heisenberg (1901- 1976), fisico e premio Nobel per la fisica nel 1932, considerato uno dei fondatori della meccanica quantistica:
«Il primo sorso dalla coppa delle scienze naturali ti renderà ateo; ma al fondo del bicchiere ti attende Dio».

Come di consueto rivolgo un caro saluto ai miei lettori ed auguro loro sogni divini. Alla prossima.

LE CINQUE TAPPE FONDAMENTALI DELLA MIA ESPERIENZA SPIRITUALE.
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Questo elenco è stato aggiornato alcuni mesi dopo la pubblicazione di questo articolo con l’inserimento della quinta tappa.

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